
Articolo di Annamaria Niccoli
18 luglio 2025
A oltre trent’anni di distanza, le ferite delle stragi mafiose del 1993 continuano a sanguinare, non solo per il dolore indelebile delle vittime, ma anche per i misteri che ancora avvolgono quella stagione di terrore. Firenze (27 maggio), Milano (27 luglio) e Roma (28 luglio). Date incise nella memoria collettiva, teatri di attentati che non solo mieterono vite innocenti, ma colpirono al cuore l’identità stessa dell’Italia, il suo inestimabile patrimonio artistico e culturale.
Le sentenze definitive hanno inchiodato i vertici di Cosa Nostra, dai “Corleonesi” di Salvatore Riina ai fratelli Graviano, come mandanti di quella strategia eversiva. L’obiettivo era chiaro: piegare lo Stato, costringerlo a cedere di fronte alla violenza mafiosa, magari abolendo il 41-bis, il regime di carcere duro per i mafiosi o rivedendo sentenze. L’idea, maturata all’interno della Cupola, era di generare un “terrore diffuso” e un’enorme pressione, dimostrando la capacità di Cosa Nostra di colpire anche ciò che è “insostituibile”.
Perché l’Arte nel mirino?
L’attacco al patrimonio culturale italiano non fu un gesto casuale, ma un atto di terrorismo con precise finalità strategiche, emerse chiaramente dalle indagini e dai processi. L’Italia, custode di una parte significativa del patrimonio culturale mondiale. Distruggere gli Uffizi o le basiliche romane significava infliggere una lesione non solo materiale, ma simbolica e morale all’intera nazione. Un’umiliazione per dimostrare l’incapacità dello Stato di proteggere le proprie ricchezze, con una risonanza internazionale deflagrante.
“Ucciso un giudice, questi viene sostituito; ucciso un poliziotto, avviene la stessa cosa, ma distrutta la Torre di Pisa viene distrutta una cosa insostituibile con incalcolabili danni per lo Stato”. Questa frase, emersa dalle testimonianze dei collaboratori di giustizia, rivela la volontà di colpire beni non riparabili o non sostituibili, creando un danno irreversibile e, di conseguenza, una pressione psicologica e politica immensa per forzare una “trattativa”.
Le stragi furono la reazione all’offensiva dello Stato, culminata con l’arresto di Riina e l’inasprimento della legislazione antimafia.
Nel 1993, il patrimonio culturale italiano era in effetti vulnerabile e meno protetto rispetto ad oggi. Questa vulnerabilità, percepita da Cosa Nostra, è stata sfruttata come leva per un ricatto estremo, inestricabilmente legato alla cosiddetta “trattativa Stato-mafia”, un processo che mirava a ottenere concessioni in cambio della cessazione delle violenze.
“Menti Raffinatissime”
La scelta di obiettivi di così alto valore simbolico e artistico, come la Galleria degli Uffizi o le basiliche romane, ha da sempre alimentato il dibattito sull’esistenza di una “mente raffinatissima” esterna a Cosa Nostra. L’espressione, coniata dal giudice Giovanni Falcone dopo il fallito attentato dell’Addaura nel 1989, suggeriva soggetti con competenze elevate, capaci di agire nell’ombra, forse legati a settori deviati dello Stato o ad ambienti eversivi. È plausibile che i capi mafiosi, noti per la loro estrazione e cultura limitate, avessero una tale sensibilità storico-artistica da individuare con precisione tali obiettivi? Le indagini non hanno mai individuato mafiosi di spicco con un interesse profondo per l’arte.
Ecco quindi che l’ipotesi di una Servizi Segreti Deviati o di una “mente” con una specifica cultura artistica è divenuta cruciale. Chi avrebbe potuto guidare Cosa Nostra in questa scelta? Le piste esplorate includono:
– Servizi Segreti Deviati. Ipotesi ricorrente è che settori infedeli dei servizi segreti, o figure con collegamenti istituzionali, potessero avere interesse a destabilizzare il quadro politico o a indirizzare le azioni mafiose. In questo contesto, il nome di Marcello Dell’Utri è stato oggetto di attenzione nel processo sulla “trattativa Stato-mafia”, sebbene sia stato assolto per l’accusa di minaccia a corpo politico dello Stato.
– Eversione Neofascista o Nera: Non è stata esclusa la possibilità di connessioni tra Cosa Nostra e ambienti dell’eversione di destra, noti per la “strategia della tensione” degli anni precedenti, che avrebbero potuto avere una maggiore sensibilità per gli obiettivi simbolici e l’impatto sull’opinione pubblica.
– Professionisti o Intellettuali Legati a Poteri Occulti: Si ipotizza che soggetti non direttamente criminali, ma al servizio di logge massoniche deviate o altri poteri occulti, abbiano fornito una consulenza strategica.
Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, come Gaspare Spatuzza, hanno fornito tasselli importanti, ma la complessità dei rapporti tra mafia, politica, servizi segreti e ambienti eversivi di quegli anni rende difficile una ricostruzione lineare e definitiva di tutte le responsabilità e motivazioni.
La Provenienza del Tritolo e i Misteri Irrisolti
Sebbene le indagini abbiano fatto luce su alcuni aspetti cruciali, come il ruolo di Cosimo D’Amato nel recupero di tritolo da residuati bellici, persistono ombre e interrogativi, in particolare sulla presenza di esplosivi di grado militare come il Semtex e sul possibile coinvolgimento di attori esterni a Cosa Nostra.
Gli attentati di Capaci, Via D’Amelio, Roma, Firenze e Milano non furono semplici esecuzioni, ma veri e propri atti di guerra. L’uso massiccio di autobombe segnò una brusca virata nelle tattiche mafiose, passando da eliminazioni mirate a una strategia di terrore di massa. Questa nuova, agghiacciante modalità operativa richiedeva una disponibilità imponente e affidabile di materiale esplosivo. La precisione e la forza distruttiva di questi attentati, con 500 kg di tritolo impiegati a Capaci e 50-100 kg in Via D’Amelio, misero in evidenza la capacità della mafia di procurarsi, preparare e impiegare ordigni esplosivi sofisticati. La necessità di tali quantità e la complessità tecnica delle detonazioni suggeriscono una rete logistica e di approvvigionamento ben più elaborata di quanto si potesse inizialmente immaginare per le tradizionali operazioni mafiose.
Una delle principali fonti di tritolo impiegate nelle stragi fu identificata nei residuati bellici inesplosi della Seconda Guerra Mondiale, recuperati dai fondali marini siciliani. Questa modalità di acquisizione ha rivelato la pericolosa disponibilità di resti di conflitti passati, facilmente sfruttabili per scopi criminali. Si stima che la quantità di esplosivo ottenuta tramite questo metodo vari tra i 1.280 e i 1.340 kg per tutti gli attentati.
In questo scenario, la figura di Cosimo D’Amato è centrale. Condannato all’ergastolo per aver fornito circa 900 kg di questo materiale negli attentati del 1993 (Roma, Firenze, Milano), il suo ruolo è stato investigato anche per la strage di Capaci. L’ampio ricorso a ordigni bellici inesplosi come fonte primaria di TNT mostra un approccio opportunistico e a basso costo da parte di Cosa Nostra, che ha sfruttato risorse esistenti e relativamente accessibili, sebbene estremamente pericolose, piuttosto che dipendere esclusivamente da complessi e tracciabili canali del mercato nero.
Le condanne e le indagini a carico di D’Amato sono state significativamente supportate dalle rivelazioni dei collaboratori di giustizia, in particolare Gaspare Spatuzza e Pietro Romeo. La testimonianza di Spatuzza è stata fondamentale per identificare D’Amato e riaprire le indagini sulla strage di Via D’Amelio. Lo stesso D’Amato, divenuto poi collaboratore, ha confermato il recupero delle bombe dai fondali marini e la loro consegna al cugino Cosimo Lo Nigro. Il ruolo cruciale dei pentiti nello svelare il ruolo di D’Amato sottolinea l’importanza della collaborazione con la giustizia per penetrare i segreti operativi e le reti di approvvigionamento della mafia. Ciò dimostra come lo Stato abbia saputo efficacemente sfruttare le divisioni interne a Cosa Nostra per svelare aspetti fondamentali delle stragi, anche a distanza di anni dagli eventi.
La carica esplosiva utilizzata nella strage di Capaci era una miscela complessa di tritolo (TNT), RDX e nitrato d’ammonio, con una potenza equivalente a 300 kg di tritolo. Per la strage di Via D’Amelio, l’autobomba conteneva circa 90-100 kg di tritolo o esplosivo plastico. Le analisi forensi sui residui di Capaci, tramite spettrometria di massa, hanno permesso di stabilire con certezza la composizione esatta dell’esplosivo, consentendo anche un confronto con esplosivi sequestrati in altri covi mafiosi. Gli attentati di Via Fauro a Roma e Via dei Georgofili a Firenze hanno impiegato una miscela di TNT, T4 (RDX), pentrite e nitroglicerina, evidenziando la varia e sofisticata composizione degli ordigni.
Nonostante l’accertato utilizzo di TNT proveniente da ordigni bellici, una perizia dell’FBI sulla scena del crimine di Capaci avrebbe rilevato tracce di “pentrite e RDX“, componenti del Semtex, un esplosivo di tipo militare prodotto in Cecoslovacchia. Questo elemento introduce un significativo “buco nero“: nessun collaboratore di giustizia mafioso ha mai menzionato il Semtex nelle proprie dichiarazioni. Questa assenza suggerisce l’esistenza di una catena di approvvigionamento separata e non interna alla mafia per questo specifico esplosivo di grado militare.
La coesistenza di TNT da residuati bellici e tracce di Semtex nei siti delle stragi di Capaci e Via D’Amelio indica una catena di approvvigionamento complessa. Se D’Amato ha fornito il tritolo recuperato, la presenza di Semtex implica una fonte aggiuntiva e distinta. L’assenza di testimonianze dei pentiti riguardo al Semtex, in netto contrasto con le loro dettagliate rivelazioni sul TNT di D’Amato, suggerisce che la sua acquisizione potrebbe aver coinvolto persone o canali al di fuori della tradizionale gerarchia di Cosa Nostra. Questo scenario rafforza l’ipotesi di un coinvolgimento esterno, forse non ammesso dai collaboratori mafiosi.
Alcune fonti, inoltre, affermano esplicitamente che gli esplosivi impiegati nelle stragi del ’92 erano di tipo militare e di produzione americana o inglese. Questa informazione, unita alla rilevazione del Semtex, suggerisce una provenienza più complessa rispetto al solo recupero di ordigni bellici della Seconda Guerra Mondiale, implicando che la catena di fornitura potrebbe essersi estesa oltre i confini italiani, coinvolgendo anche agenzie statali o di intelligence. Questo elemento approfondisce il mistero e rafforza l’idea che le stragi non fossero esclusivamente un affare interno alla mafia, ma forse parte di una più vasta e complessa “strategia della tensione“.
Per le stragi continentali (Firenze, Roma, Milano), il materiale doveva essere spostato dalla Sicilia al Nord Italia. La pianificazione meticolosa dell’attentato di Capaci, che prevedeva un timing preciso e la detonazione al momento esatto del passaggio del convoglio, indica un elevato livello di competenza nell’ingegneria degli esplosivi, superiore a quanto ci si potrebbe aspettare da tipici operativi mafiosi. Il successo di questi trasporti, senza intercettazioni, suggerisce l’esistenza di una rete clandestina estremamente efficace o, in alternativa, un certo grado di complicità o un’omissione di vigilanza da parte di alcuni elementi statali.
Per Capaci, la spettrometria di massa ha determinato la composizione esatta dell’esplosivo, permettendo confronti con materiali sequestrati in altri covi mafiosi. Una perizia ha collegato l’esplosivo Semtex, utilizzato nella strage di Capaci, a quello impiegato nella strage del Rapido 904 nel 1984 ( San Benedetto Val di Sambro ). Questo collegamento suggerisce una possibile fonte comune o una condivisione di conoscenze tra diversi gruppi terroristici o criminali.
Nonostante le sentenze giudiziarie, permangono significativi “buchi neri” e “misteri irrisolti” riguardo al tipo e alla provenienza degli esplosivi, in particolare per la strage di Capaci. Persistono interrogativi sulla “ricarica” del Fiorino nella strage di Via dei Georgofili, specificamente su chi abbia aggiunto l’esplosivo militare ad alto potenziale e dove ciò sia avvenuto. La divergenza tra i risultati forensi, che hanno rilevato tracce di Semtex, e le testimonianze dei collaboratori mafiosi, che non hanno mai fatto menzione di tale esplosivo, è un indicatore critico. La persistenza di questi misteri, nonostante le approfondite indagini, suggerisce un tentativo deliberato e riuscito di oscurare alcune verità. Questo non è un semplice fallimento investigativo, ma indica l’azione di una forza potente per impedire la piena divulgazione, probabilmente collegata ai “depistaggi” e ai coinvolgimenti esterni.
La precisione dell’attentato di Capaci, descritta come “roba da 007 super addestrati“, alimenta ulteriormente i sospetti di un’assistenza esterna altamente qualificata. Sono state avanzate ipotesi riguardo alla presenza di un artificiere statunitense esperto in esplosivi, inviato in Sicilia da John Gotti all’inizio del 1992, sebbene questa informazione sia solo una ipotesi, mai sia confermata.
Le indagini sulla strage di Via D’Amelio sono state gravemente compromesse da un “clamoroso depistaggio“, che ha comportato la creazione di falsi collaboratori, come Vincenzo Scarantino, le cui accuse si sono poi rivelate infondate. La presenza immediata di agenti del SISDE (servizi segreti italiani) sulla scena del crimine di Via D’Amelio e le loro azioni sospette, come la sparizione dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, sono indicatori chiave di manipolazione. È stato affermato che la “sparizione dell’agenda rossa… non può averla compiuta la mafia“. La natura sistematica dei “depistaggi” e la presenza di agenti statali sulle scene del crimine non sono eventi casuali, ma suggeriscono uno sforzo deliberato e coordinato per manipolare le indagini e celare la verità.
Le indagini sui “mandanti occulti” proseguono, con nuove testimonianze e rivalutazioni di precedenti scoperte. Il concetto di un “doppio circuito informativo” all’interno di Cosa Nostra, dove solo pochi selezionati erano a conoscenza delle motivazioni politiche e dei mandati esterni per le stragi, complica ulteriormente la piena rivelazione della provenienza degli esplosivi.
La provenienza degli esplosivi rimane un filo conduttore critico e irrisolto che collega il potere distruttivo della mafia a forze esterne potenzialmente nascoste e potenti. Quanto ancora ci vorrà per svelare completamente questi “buchi neri” e portare alla luce ogni verità su una delle pagine più dolorose della nostra Repubblica?
Un mistero collaterale: Le “navi a perdere”
L’ipotesi che il tritolo potesse provenire anche dalle “navi a perdere”, imbarcazioni affondate deliberatamente con carichi di rifiuti tossici, o in alcuni casi, armi ed esplosivi, è stata esplorata in contesti investigativi paralleli, soprattutto legati ai traffici illeciti gestiti dalla ‘Ndrangheta. Figure come l’ex ‘ndranghetista Francesco Fonti, le cui dichiarazioni sono state oggetto di indagini e riscontri complessi, hanno accennato alla possibilità che queste navi trasportassero anche armamenti.
Tuttavia, gli atti processuali sulle stragi del 1992-1993 non hanno mai trovato prove dirette e definitive che lo specifico tritolo utilizzato negli attentati provenisse da queste “navi dei veleni”. La linea prevalente, basata su perizie e testimonianze, ha sempre indicato i residuati bellici della Seconda Guerra Mondiale come fonte primaria.
Note:
https://www.parlamento.it/service/PDF/PDFServer/DF/226006.pdf
https://flore.unifi.it/retrieve/e398c380-64f5-179a-e053-3705fe0a4cff/Cassarà_XXXII ciclo_Salvo Lima.
https://www.libertaegiustizia.it/2010/07/01/antimafia-le-parole-di-pisanu/·(2010-07-01)
https://www.parlamento.it/notes9/Web/16Lavori.nsf/All/0510A9106A89B867C1257AEF003E4CCF?
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Mafia, arrestato l’uomo che fornì il tritolo per le stragi del ’93-’94 – Il Fatto Quotidiano
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Le verità scomode delle stragi del 1992 e del 1993 | Roberto Scarpinato – YouTube
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culturaprofessionale.interno.gov.it
“La bonifica da ordigni bellici: storia, territorio e competenze prefettizie”. – Cultura Professionale
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Sentenza Capaci bis, Cassazione conferma i quattro ergastoli
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Strage di via dei Georgofili – La “ricarica” dell’esplosivo, l’attentatore troppo basso e la ragazza col caschetto: i misteri irrisolti 30 anni dopo – Il Fatto Quotidiano
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LINEE GUIDA PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO DA ORDIGNI BELLICI INESPLOSI – CNI
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Capaci, D’Amato accusa Lo Nigro: «Il tritolo fu estratto dalle bombe – La Sicilia
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Processi sulla strage di Via D’Amelio – ArchivioAntimafia
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Processo Stragi Firenze 1993 – Sentenza di primo grado [ArchivioAntimafia]
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senato della repubblica camera dei deputati – Parlamento Italiano
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ars.sicilia.it
INCHIESTA SUL DEPISTAGGIO DI VIA D’AMELIO – RELAZIONE CONCLUSIVA – – ARS
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