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Articolo di Annamaria Niccoli

22 luglio 2025

Il fenomeno dei “tombaroli” rappresenta una delle piaghe più endemiche e perniciose che affliggono il patrimonio culturale italiano. Questo appellativo, evocativo di clandestinità e rapacità, designa un’attività criminale antica quanto devastante: il saccheggio sistematico di tombe, necropoli e siti archeologici. La finalità è univoca: sottrarre reperti antichi per alimentarli al lucroso mercato nero internazionale, privando la collettività della memoria tangibile del proprio passato. L’analisi di tale fenomeno richiede un approccio critico e incisivo, che ne esplori le radici storiche, le metodologie operative, l’impatto devastante e le strategie di contrasto.

La Sottile Linea tra Scienza e Saccheggio: Tombarolo e  Archeologo

La dicotomia tra l’attività del tombarolo e quella dell’archeologo è profonda e incolmabile, fondata su principi etici, metodologici e legali radicalmente opposti.
Il tombarolo opera nell’illegalità, scava abusivamente in siti protetti, senza alcuna autorizzazione o competenza scientifica. La sua motivazione esclusiva è il profitto illecito, ottenuto attraverso la vendita dei reperti sul mercato nero. Questa attività distruttiva comporta la perdita irrecuperabile del contesto storico-archeologico, essenziale per la comprensione scientifica. L’azione del tombarolo è intrinsecamente aniconica, priva di qualsiasi interesse conservativo o di ricerca.
L’archeologo, al contrario, è un professionista riconosciuto, la cui attività è regolamentata e autorizzata. Conduce scavi secondo metodi scientifici rigorosi, sotto la supervisione di istituzioni pubbliche come il Ministero della Cultura. Il suo obiettivo primario è lo studio e la conservazione del passato, contribuendo alla conoscenza storica e alla valorizzazione del patrimonio. L’etica professionale dell’archeologo è diametralmente opposta alla logica predatoria del tombarolo, ponendo la tutela del bene culturale al di sopra di qualsiasi interesse personale o economico.

Casi Emblematici della Devastazione:

Pompei (Napoli): Un episodio paradigmatico del 2020 ha visto i tombaroli causare una frana sotterranea durante un saccheggio, con la distruzione irreversibile dei calchi dei cavalli di una domus. Questo evento sottolinea la violenza intrinseca dell’attività illecita e la sua capacità di infliggere danni irrecuperabili anche a siti archeologici di fama mondiale.
Alto Adige: Numerosi siti, inclusi luoghi di culto e tombe antiche, sono stati oggetto di depredazioni e devastazioni, con gravi conseguenze per la conservazione di un patrimonio archeologico spesso fragile e meno noto al grande pubblico.
Canosa di Puglia: Reperti trafugati da questa importante area archeologica sono finiti in collezioni private o musei stranieri, attraverso complesse reti illegali di intermediari e ricettatori, dimostrando la portata transnazionale del fenomeno.
Area di Morgantina: zona archeologica fra Enna e Piazza Armerina. (Tesoro di Opolemon,Villa del Casale, Piazza Armerina)

Anni ’60-’80: L’Apice del Saccheggio Organizzato

Il periodo compreso tra gli anni ’60 e ’80 ha segnato un’intensificazione dell’attività dei tombaroli, che operavano con strutture piramidali assimilabili a vere e proprie organizzazioni criminali. Il saccheggio di reperti etruschi e romani, venduti illegalmente a mercanti internazionali come Robert Hecht, è un esempio lampante di questa era. Il ritrovamento nel 1980 a Strongoli (Calabria) di un unguentario raffigurante Pitagora, riapparso sul mercato nero e successivamente restituito a Crotone, rappresenta una testimonianza tangibile della dispersione di beni culturali in quel periodo. Aree come il Lazio e la provincia di Viterbo, cuore dell’antica Etruria, Taranto, furono particolarmente colpite da questa ondata di saccheggi.

Metodi Distruttivi e Organizzazione Criminale

I tombaroli, sia nel passato che nell’attualità, hanno adottato e continuano ad adottare metodi estremamente distruttivi per accedere ai beni archeologici, spesso con il supporto di sofisticate organizzazioni criminali.
Utilizzo di Attrezzature Pesanti: Per una rapida estrazione di reperti, i tombaroli ricorrevano (e talvolta ricorrono) all’utilizzo di arature e ruspe, causando danni strutturali irreversibili ai siti. Testimonianze come quelle riportate nel libro “Tombaroli per caso” di Marco Faraoni evidenziano come il territorio fosse sottoposto a un vero e proprio “saccheggio meccanizzato”.
Scavi Clandestini e Cunicoli: La pratica di scavare tunnel sotterranei (cunicoli) per penetrare in tombe e ipogei senza essere scoperti ha distrutto contesti archeologici intatti, privando la ricerca scientifica di dati essenziali per la ricostruzione storica.
Organizzazione Criminale: Le attività sono spesso coordinate da reti criminali organizzate, che includono intermediari e ricettatori con ramificazioni internazionali. Questo modello “a piramide” facilita il traffico illecito di reperti verso mercati clandestini esteri. Negli anni 2000, i tombaroli hanno progressivamente informatizzato le loro operazioni, allacciando rapporti con trafficanti, falsari e intermediari spesso legati a organizzazioni mafiose come la Camorra o la ‘Ndrangheta. Questa rete ha alimentato un mercato nero su canali “occulti”, come il Dark web globale che ha coinvolto, talvolta consapevolmente o meno, anche prestigiose istituzioni internazionali come il Metropolitan Museum di New York e il Getty Museum, che in passato hanno acquisito opere rubate tramite le reti dei tombaroli.

Volti Nascosti e Nomi Noti del Traffico Illecito

Dietro il fenomeno dei tombaroli si celano figure che, nel corso degli anni, sono state individuate come protagonisti di questo traffico illecito.
Giacomo Medici e Gianfranco Becchina: Dagli anni ’70 in poi, questi nomi sono divenuti tristemente celebri nel contesto del traffico illecito di antichità. Le indagini hanno rivelato il loro ruolo centrale nel saccheggio di siti archeologici italiani e nell’immissione sul mercato nero, spesso tramite case d’asta e musei stranieri, di migliaia di reperti di inestimabile valore. Medici, in particolare, è noto per il suo meticoloso archivio fotografico che documentava le opere trafugate prima della vendita.
Robert Hecht: Mercante d’arte americano, figura chiave come acquirente e intermediario nel commercio illecito di beni culturali trafugati dall’Italia, specialmente negli anni ’80. Molte opere passate per le sue mani sono state successivamente recuperate e restituite all’Italia.
Pietro Casasanta: Definito “Il Re dei Tombaroli” dal Wall Street Journal, è stato uno dei principali responsabili del saccheggio di tombe etrusche in anni recenti, alimentando il mercato nero con reperti unici.
George Ortiz: Collezionista internazionale con legami accertati al traffico illecito di antichità, i suoi collegamenti con tombaroli e trafficanti hanno facilitato l’uscita illegale di reperti italiani dal Paese.
Vincenzo Godano (detto “l’archeologo”) ed Ernesto Palopoli: Nomi emersi da operazioni più recenti in Italia. Godano è stato indicato come capo di squadre di tombaroli specializzate nell’uso di sofisticati metal detector, mentre Palopoli è stato individuato come uno dei principali ricettatori, avendo accumulato quasi duemila reperti archeologici in un suo “museo privato”.
Un nome di spicco in questo contesto è stato anche Francesco Messina Denaro, soprannominato “Don Ciccio”, padre del noto boss mafioso Matteo Messina Denaro. Figura centrale e temuta nell’ambito di Cosa Nostra, è stato strettamente coinvolto nel traffico illecito di reperti archeologici. Considerato l’esperto di archeologia del clan, contava su una fidata rete di tombaroli al servizio di Cosa Nostra. È stato indicato come il mandante di importanti furti, tra cui quello del famoso Efebo di Selinunte, statuetta di inestimabile valore archeologico del V secolo a.C. trafugata il 30 ottobre 1962 e recuperata nel 1968. Nel 1996, Francesco Messina Denaro, insieme al figlio Matteo, fu colpito da un’ordinanza di custodia cautelare nell’ambito dell’operazione “Omega”, confermando la sua profonda implicazione nel crimine organizzato e nel traffico di beni culturali.
È cruciale sottolineare che molti tombaroli e, soprattutto, i “pezzi grossi” delle organizzazioni criminali che gestiscono il traffico, operano nell’ombra, e i loro nomi raramente diventano di dominio pubblico, se non in seguito a indagini e arresti di vasta portata.

La Lotta al Saccheggio: Il Ruolo di Francesco Rutelli e la Situazione Attuale

Nella complessa opera di recupero e tutela del patrimonio, figure come quella di Francesco Rutelli hanno giocato un ruolo cruciale. In qualità di Sindaco di Roma e successivamente di Ministro per i Beni e le Attività Culturali (dal 2006 al 2008), Rutelli ha condotto una sistematica strategia di Diplomazia Culturale. Questi complessi negoziati, che hanno coinvolto avvocati dello Stato, Carabinieri (in particolare il Comando TPC), archeologi, studiosi e diplomatici, hanno permesso il recupero di decine di capolavori archeologici e artistici trafugati di immenso valore per il patrimonio nazionale.
Rutelli ha basato questa incisiva azione internazionale su principi etici rigorosi, sostenendo che le istituzioni culturali non dovrebbero esporre opere trafugate e illegalmente acquistate. Ha posto come riferimento due date chiave: il 1939, anno delle norme di tutela del patrimonio ancora in vigore, e il 1970 anno della Convenzione UNESCO contro il traffico illecito di beni culturali. Grazie a questo approccio, sono stati conclusi con successo negoziati con importanti istituzioni internazionali come il J. Paul Getty Museum di Los Angeles e il Metropolitan Museum of Art di New York, portando al ritorno in Italia di capolavori come la Dea di Morgantina, il Cratere di Eufronio, il Trapezoforos dei grifi e la cerva, e la statua di Vibia.

L’Impatto Devastante sul Patrimonio Culturale Italiano:

L’azione dei tombaroli continua a rappresentare una minaccia acuta e sistemica al patrimonio culturale italiano. Sebbene le cifre già presentate per il 2023 (67.963 reperti recuperati) e le prime stime per il 2024 (oltre 80.000 reperti) siano indicative della vastità del problema, i dati definitivi e le operazioni più recenti offrono un quadro ancora più preciso.
Nel corso del 2024, i Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale (TPC) hanno confermato il recupero di un numero impressionante di beni culturali: 80.437 pezzi, per un valore complessivo stimato in oltre 129 milioni di euro. Di questi, ben 44.308 sono reperti archeologici, confermando la centralità di questo tipo di beni nel traffico illecito. È particolarmente significativo l’aumento dei reperti archeologici interi recuperati, passati da 9.258 nel 2023 a 19.505 nel 2024, e degli oggetti numismatici, da 286 a 1.983 nello stesso periodo. Questi dati non solo dimostrano l’efficacia delle operazioni di contrasto, ma anche l’ingente quantità di beni che vengono sottratti dal territorio nazionale.
L’inasprimento delle pene, grazie all’introduzione di 17 nuovi articoli nel Codice Penale con la Legge n. 22/2022, sta iniziando a produrre i suoi effetti. Nel 2024 si è registrato un aumento delle persone denunciate, da 981 a 1.356, e sono state smantellate 3 associazioni a delinquere. Sono state effettuate 505 perquisizioni e 2 arresti diretti.

Casi Emblematici e Nuove Dinamiche (2024-2025)

Rete Internazionale con Base in Belgio: Operazioni recenti hanno disarticolato una compagine criminale dedicata all’approvvigionamento e all’esportazione all’estero di reperti archeologici provenienti da Puglia, Basilicata, Campania e Lazio. Questi beni venivano fatti veicolare all’estero attraverso una fittizia casa d’aste con sede ad Anversa, in Belgio, che li muniva di documentazione falsificata per attestarne l’autenticità e la lecita provenienza. Questo evidenzia la sofisticazione delle reti criminali e l’uso di intermediari internazionali.
Recupero di un Mosaico da Pompei (Luglio 2025): Il Nucleo TPC di Venezia ha restituito al Parco Archeologico di Pompei un mosaico di età romana che era stato trafugato addirittura durante la Seconda Guerra Mondiale. Questo caso sottolinea la persistenza dell’attività di recupero anche per beni sottratti da decenni.
Maxi-operazione contro il traffico in Campania, Puglia ed Emilia-Romagna (Febbraio 2025): È stata smantellata un’organizzazione criminale specializzata nel saccheggio di siti archeologici in queste regioni, con il sequestro di monete antiche, manufatti e attrezzature per lo scavo clandestino. Ciò conferma come l’azione dei tombaroli non si limiti a singole aree, ma si estenda in modo interregionale.
Mostra “La memoria restituita” a Santa Maria Capua Vetere (Novembre 2024 – Gennaio 2025): Questa mostra ha esposto migliaia di reperti archeologici, prevalentemente monete e vasellame di pregio e rarità, recuperati da scavi clandestini nella provincia di Caserta e, in parte, in quelle di Benevento e Salerno. Particolarmente rilevante il quantitativo di monete archeologiche rinvenute in Svizzera a seguito di rogatoria internazionale. L’esposizione di questi reperti rappresenta la restituzione alla collettività di un patrimonio barbaramente depauperato, ma anche un monito sulla costante attualità del fenomeno in aree archeologicamente ricche.
Recupero Statua di Musa (Febbraio 2025): Una statua femminile di Musa, databile tra la fine del II e l’inizio del I secolo a.C., è stata recuperata dal “Carlos Museum dell’Emory University” di Atlanta (USA) a seguito di un accordo culturale sottoscritto dal Ministero della Cultura. Questo dimostra la continuità e l’efficacia della diplomazia culturale nel recupero di beni illegalmente esportati, spesso a seguito di indagini preliminari.
Monitoraggio del Web e Intelligenza Artificiale: L’utilizzo del sistema S.W.O.A.D.S. (System for Web and Social Media Operations Analysis and Data Storage), basato su intelligenza artificiale per il monitoraggio del web e dei social media,  e il Dark web, ha permesso di localizzare 63 opere d’arte trafugate nel 2024 e ha consentito di deferire 122 soggetti e recuperare 6.346 beni (di cui 1.935 archeologici e paleontologici) dai siti web.
Questo evidenzia l’evoluzione delle tecniche investigative per contrastare il mercato nero online, sempre più utilizzato dai tombaroli e dai trafficanti.
Nonostante l’intensificarsi delle operazioni e l’adozione di strumenti tecnologicamente avanzati, la lotta contro i tombaroli rimane una sfida ardua. Come sottolineato da alcuni esperti, il furto di un reperto archeologico a seguito di uno scavo clandestino può essere ancora meno rischioso e più redditizio dello spaccio di droga. La domanda di beni antichi da parte di collezionisti privati, sia in Italia che all’estero, continua a essere un forte motore per questo mercato illecito. La consapevolezza culturale e una maggiore diffusione della “cultura della cosa pubblica” sono considerate un antidoto fondamentale per contrastare un fenomeno così radicato e difficile da estirpare.
In sintesi, i dati e i casi recenti confermano che, nonostante gli sforzi eccezionali delle forze dell’ordine e della diplomazia culturale, il fenomeno dei tombaroli persiste con forza. La costante evoluzione delle strategie criminali e la crescente digitalizzazione del mercato illecito impongono un impegno continuo e l’adozione di misure sempre più sofisticate per la salvaguardia del patrimonio archeologico italiano.

Note:

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https://poliziamoderna.poliziadistato.it/articolo/353659d2ea0d6f79480846377·(2024-01-09)

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