Articolo di Annamaria Niccoli

21 dicembre 2025

Le luci dell’alba del 21 dicembre 2025 in casa di Fabrizio Corona è entrato un massiccio numero di agenti della polizia, si parla di 14 agenti, ha dato il via a un turbolento capitolo di quello che è già stato ribattezzato il “Signorini-gate”. Al centro del mirino c’è il sequestro del materiale video e informatico destinato alla seconda puntata di “Falsissimo”, il format dove l’ex re dei paparazzi sta portando avanti l’inchiesta “Il prezzo del successo”.
Secondo il racconto di Corona, dietro le quinte del “Grande Fratello” e di altri spazi televisivi gira un meccanismo opaco. L’ipotesi lanciata è pesante: l’accesso ai reality non dipenderebbe solo dal talento o dai provini, ma sarebbe mediato da rapporti personali e scambi di favori sessuali con il conduttore Alfonso Signorini. Corona parla di numeri impressionanti — circa 500 casi negli ultimi dieci anni e ha già iniziato a diffondere audio e messaggi, coinvolgendo figure come Antonio Medugno.
Alfonso Signorini ha scelto la via del silenzio mediatico, lasciando che siano gli avvocati a parlare per lui. Attraverso i suoi legali, ha fatto sapere che “la faccenda è in mano alla magistratura”. Dopo aver sporto una querela , la Procura di Milano ha ipotizzato il reato di revenge porn (art. 612-ter c.p.).
L’accusa si concentra sulla diffusione illecita di materiale privato a contenuto sessualmente esplicito senza il consenso dell’interessato. Tuttavia, la difesa di Corona, guidata dall’avvocato Ivano Chiesa, non ci sta e contesta fermamente questa lettura:
“L’obiettivo non è umiliare privatamente Alfonso Signorini, ma di denunciare un presunto sistema di ‘do ut des’(«io do affinché tu dia») sessuale per ottenere visibilità. Si sta esercitando il diritto di cronaca su un fatto di pubblico dominio.”
Secondo Chiesa, il sequestro operato dalla Procura non è solo una misura sproporzionata, ma una vera e propria forma di censura preventiva su un’inchiesta che tocca persone di potere.
La partita legale si gioca su un terreno molto tecnico. Perché si possa parlare di revenge porn, devono sussistere tre elementi:

  1. Contenuto esplicito: Non bastano allusioni, servono immagini o video di atti sessuali.
  2. Mancanza di consenso.
  3. Destinazione privata del materiale originale.

Se queste condizioni fossero confermate, Corona rischierebbe una condanna pesante: la reclusione da uno a sei anni e una multa fino a 15.000 euro, con l’aggravante dell’uso di strumenti informatici.
Questo caso pare rappresenti un vero “manuale vivente” del diritto dell’informazione.
La giurisprudenza italiana stabilisce che la pubblicazione di materiale privato è lecita solo se rispetta tre pilastri:
1) verità dei fatti
2) utilità sociale (interesse pubblico a sapere se un sistema televisivo è corrotto)
3) il linguaggio
Se i giudici dovessero riconoscere la preminente utilità sociale della denuncia di Corona, l’accusa di revenge porn potrebbe cadere.
Nonostante il sequestro, Corona non sembra intenzionato a fermarsi. Anche se la puntata prevista per il 22 dicembre è a rischio, il team è al lavoro per rieditare o “rigirare” le parti mancanti. La promessa di Corona è chiara: “Vi racconteremo una storia ancora più forte”.
In questo momento, il materiale è al vaglio degli inquirenti: saranno loro a stabilire se in quei file si nasconda un reato di violazione della privacy o la prova di un sistema che scuote le fondamenta della televisione italiana.

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